l Museo della Bora di Trieste: esplorare e creare il museo del vento

Prospero (Rino) Lombardi
Presidente Associazione Museo della Bora
Chiara Cecalupo
Ambasciatrice eolica per il Museo della Bora

 

Mostrare l’invisibile nel Magazzino dei Venti-Progetto Bora Museum: invisibile come il vento, il Museo della Bora, più che un classico museo, è uno spazio curioso, visitabile su appuntamento, nato da un refolo di fantasia. In Italia non è facile creare un museo dal nulla, si immagini per un tema impalpabile e volatile come quello eolico, che richiede molta immaginazione. Ma che Trieste manchi di un luogo per celebrarne la più celebre caratteristica è impensabile e, per sensibilizzare la comunità locale (e non solo quella) a proposito dell’esigenza di dedicare un museo alla cosa più triestina che c’è - quella che il pittore Carlo Wostry definì “l’unica cosa veramente originale che abbiamo” -  si è partiti dalla domanda: “perché non aprire uno spazio del vento, dove mostrare l’idea del museo che verrà?”.

Si procederà con il racconto della storia, della struttura e del percorso di visita di questo luogo. Il Museo della Bora e del Vento di Trieste è un’idea nata nel 1999 da un barattolo di Bora in scatola e che oggi è il racconto di un museo in progress: dal 2004 esiste il Magazzino dei Venti, un mini-museo dove esplorare in piccolo ciò che si potrebbe mostrare in un museo più grande. Si tratta di una sorta di showroom dell’idea museale con un originale percorso in Venti tappe con un’ottica pluridisciplinare, attraverso le quali il visitatore viene guidato singolarmente: “20 indizi per un museo” è una specie di indagine, una ricerca di prove sulla validità dell’idea museale. Il percorso numerato cerca di mettere ordine al disordine che appartiene naturalmente al tema del vento, viaggiando in due direzioni che si incrociano continuamente, “memoria” e “creatività”, e cercando di mostrare testimonianze interessanti del passato accanto a quel che di nuovo si può inventare su questo tema. Il vento è scienza, meteo, letteratura, arte, ambiente, energia, ma anche memoria, in particolare a Trieste, città del vento per antonomasia; e il vento in un museo può diventare perfino gioco. Queste molteplici facce del vento si esprimono nelle molteplici sezioni del magazzino/museo, dalla collezione artistica di pittori contemporanei e dall’Archivio scientifico dello studioso Silvio Polli, fino alle “Curiosità di bora e di vento” (con reperti creati ad hoc, come la “Finestra di Stendhal”) e al piccolo centro di documentazione eolica.

                         

L’esser nato dal basso e l’essere in crescita continua permette al Museo di essere anche un punto di raccolta di memorie di bora e di archiviazione dei venti stessi: il Progetto Centoventi, sempre in corso, fa diventare espositori anche i visitatori: sono tanti infatti gli amici che dopo aver scoperto il Magazzino spediscono il loro vento di casa o un vento raccolto in vacanza, che possono poi fregiarsi del titolo di “ambasciatori eolici” e vedere esposto il proprio vento: questa originale collezione vanta, ad oggi, circa 160 venti diversi da tutto il mondo. Un percorso arioso e coinvolgente, proprio come il vento.                 

La visita diventa racconto nel primo museo del vento al mondo: il desiderio e l’obiettivo sono quelli di creare un museo più grande senza perdere la dimensione intima e raccolta attuale, propria dei piccoli musei. Il vento è invisibile. Il museo si vede e non si vede. La visita dà spazio all’immaginazione, e anche immaginare un museo diventa un’esperienza da vivere e da raccontare.

 

Il fantasioso modello in cui si uniscono testimonianze storiche, scienza e giochi del Museo della Bora può declinarsi in modo efficace per i numerosi piccoli musei del nostro Paese, una realtà fondamentale nel panorama museologico italiano. Dopo aver presentato la storia e lo stato attuale dell’esposizione e del modo in cui si conduce la visita, si approfondirà il tema più tecnico di come questo museo risponda alla necessità di darsi una funzione e una veste diverse rispetto al museo tradizionale, diventando attivatore di idee, di soluzioni espositive, nuove progettualità didattiche e museali, ripensando il rapporto con il proprio pubblico che, come in pochi altri casi, si fidelizza e affeziona sentendosi parte attiva e fondante di un percorso culturale e creativo unico in Italia.

La “gestione accogliente” che esso propone e i metodi e i risultati delle strategie creative (presentate nella prima parte dell’intervento) attraverso le quali il Museo appassiona i visitatori e li invita a creare la propria collezione stabile, fanno capire il senso più vero di “museo partecipato”: decisamente assimilabile più alle politiche culturali dei musei scientifici che di quelli storico-artistici, si avvicina in questo modo all’ideale di museo che crea esperienze personali, e non personalizzate (Dall’Ara), interagendo al massimo grado con il singolo, senza standardizzazione, ma collocando la persona (che guida e che viene guidata) al centro del percorso di visita.

Tutto questo senza perdere di vista il rapporto imprescindibile ed unico con il territorio in cui si insedia, e senza il quale non potrebbe esistere. Non esiste Bora senza Trieste, non esiste Trieste senza Bora, non esiste triestino che non consideri la Bora un familiare; proprio come il vento che vuole raccontare, il museo coinvolge (attraverso un gruppo di oggetti in mostra e anche durante eventi esterni nel corso dell’anno) i cittadini di Trieste nella costruzione della memoria storica propria e comunitaria, affiancandola alle esperienze eoliche donate dai visitatori-ambasciatori di ogni provenienza. Il museo, nel suo percorso di visita, diventa attivatore di creatività, dando a se stesso una forma nuova, lontana da quella canonica: l’originalità sta proprio nel regalare, ad ogni singolo visitatore, un’esperienza originalissima e personale della cultura locale, rappresentata dal “monumento” più impalpabile ma allo stesso tempo più identificativo.

Questi caratteri, rispondenti alle istanze del moderno museo, che sembrano potersi declinare al meglio proprio nei Piccoli Musei Italiani, inseriscono il Museo della Bora nel creativo e vivissimo novero di realtà di piccole dimensioni, che sono tipiche e fondanti del mondo culturale e museale italiano, sulle quali si tende a sorvolare, ma che sono il vero motore trainante della forza culturale dell’Italia come Museo diffuso.

 

giulia osti45