SOCIETÀ E IDEOLOGIA FUNERARIA AD ARPI NEL IV SECOLO A.C.: IL SISTEMA DI INTERAZIONI TRA UOMINI E PRODOTTI CULTURALI NELLE NECROPOLI DELL’ONC 28 E 35

Claude Pouzadoux, Centre Jean Bérard, USR 3133 CNRS - EFR 

Luca Basile, Università degli Studi di Napoli “L’Orientale” - Centre Jean Bérard, USR 3133 CNRS - EFR

Abstract

Quando poi ci si occupa di un essere umano, ci si accorge che i fenomeni fisiologici non sono tutto a riguardo della morte. All’avvenimento di natura organica si intrecciano e si sovrappongono un insieme complesso di credenze, emozioni e azioni che gli conferiscono carattere particolare. Il corpo del defunto non viene considerato come il cadavere di un animale qualunque: occorre sottoporlo a cure particolari, a una sepoltura secondo le regole e questo non unicamente per motivo d’igiene, ma per un obbligo prima di ogni cosa morale”.
[R. Hertz, Contribution à une étude sur la raprésentation collective de la mort, in Année sociologique, première série, tome X, Paris 1907].

L’obbligo morale citato nel saggio di R. Hertz dei primi anni del ‘900 è rapportabile anche a un’azione intenzionale da parte della società che ha subito la perdita di un suo membro di seppellirlo secondo rituali funerari specifici e codificati per rispondere ad alcune esigenze di carattere ideologico e identitario proprie dei riti di passaggio. La morte di un membro di una società porta sempre uno squilibrio in essa, soprattutto in seno a una collettività che vive equilibri socio-economici di carattere preindustriale per molti versi precari.

La codifica di un rituale, che rientri nel rispetto di una serie di norme e comportamenti ricadenti in un alveo di sicurezza sociale, è ricercato attraverso l’uso di particolari elementi di tipo simbolico e di interrelazioni variegate che si articolano per rispondere a un’esigenza di rafforzamento della comunità che ha perso un suo membro.

Questo sistema composito di interazioni, creato dalla società dei vivi per la società dei morti, genera un complesso di rapporti sia singoli che plurimi tra necropoli, defunti, sepolture e corredi di accompagnamento che sarà il focus del contributo che si propone.

Infatti il discorso che si vuole portare avanti parte dal presupposto che: “L’interazione organismo/cultura implica l’interazione sociale, lo scambio di azioni, informazioni, prodotti. Ed è nel conteso sociale che si formano tanto i simboli quanto gli individui che li usano”. [F. Remotti, Cultura. Dalla complessità all’impoverimento, Bari 2011].

Le interazioni su cui si vuole porre l’attenzione sono desumibili a partire da alcuni contesti funerari rinvenuti nel territorio dauno di Arpi, in località Montarozzi, e inquadrabili cronologicamente durante il IV sec. a. C.; periodo nel quale si assiste alla decisa apertura verso l’esterno di una società che era stata fino ad allora legata pervicacemente alla propria cultura e al proprio territorio di appartenenza.

Tra essi spicca sicuramente un lotto di tombe situato nell’area dell’ ONC 28, oggetto di uno scavo approfondito da parte della Soprintendenza Archeologica di Foggia diretto da M. Mazzei in particolar modo dal 1994 al 1997. In quell’occasione fu rinvenuta la nota domus c.d. “del mosaico dei Grifi e delle Pantere” al di sotto della quale insisteva una porzione di necropoli, di cui non si conosce l’estensione totale, caratterizzata da tombe a fossa e a grotticella. Il riesame delle stratigrafie e dei materiali dell’ONC 28 da parte del Centre Jean Bérard di Napoli ha permesso di riprendere il dossier su quest’insieme di tombe e di individuare diciannove sepolture di cui nove con corredo.

A circa un centinaio di metri in direzione sud-est dall’ONC 28 si trova l’area dell’ONC 35, parzialmente indagata negli anni 60 del secolo scorso e pubblicata nel 1985 da F. Tiné Bertocchi. In essa furono individuate diciassette sepolture, anche in questo caso esclusivamente del tipo a fossa e a grotticella, che spaziavano in un arco cronologico ampio comprendente tutto il IV e i primi decenni del III secolo per poi lasciare posto a strutture pertinenti a un abitato.

In entrambe le aree di necropoli vige l’affermazione di una norma comunitaria condivisa dai membri della società che si basa sulla selezione e l’uso di tipologie tombali e di oggetti di corredo che richiamano valori collettivi d’identità sociale. Essi risultano centrali per la ricomposizione in chiave antropologica di una parte della organizzazione sociale arpana e del rapporto semiotico che viene a crearsi tra esseri umani e cultura materiale prescelta per la rappresentazione da vivi e poi, in chiave diversificata, da morti.

Nelle due necropoli esaminate, tra la fine del V e la prima metà del IV secolo, predomina quasi esclusivamente l’uso dell’inumazione monosoma e rannicchiata su un lato del defunto.

Il corredo disposto secondo coordinate spaziali precise si compone di elementi che richiamano ambiti esclusivi legati a pratiche di consumo e offerta di determinati beni o all’esibizione dello status sociale. Soprattutto l’uso di alcune classi ceramiche rivela i caratteri intrinseci della società dauna che da una parte coltiva rapporti innovativi con il mondo coloniale magno greco e dall’altra resta estremamente conservatrice attraverso fenomeni di tesaurizzazione o di utilizzo di oggetti prodotti con tecniche produttive desuete.

In particolare i fenomeni di tesaurizzazione di vasi più antichi o di accettazione di classi e forme legate a tradizioni allogene, delineano un quadro di alterità che pone alcune sepolture sotto una luce particolare. È il caso, ad esempio, della tomba 172 dell’ONC 28 che conserva tra i materiali di corredo una kylix con iscrizione graffita in greco che presuppone la comprensione e il sostanziale accoglimento da parte della comunità e del defunto di un modello culturale diverso.

Sotto un profilo similare, ma con accenti e sfumature differenti che però si rapportano ancora una volta alla società arpana del periodo, deve essere vista anche l’introduzione di materiale a figure rosse che occupa un posto particolare nell’ideologia funeraria locale con forme specifiche quali piatti, lekanai e crateri rinvenuti nelle tombe di entrambe le necropoli dalla seconda metà del IV secolo.   

È da questo momento, infatti, che si nota in maniera evidente la moltiplicazione degli elementi di corredo e l’utilizzo, come anche nel periodo precedente, di alcune classi di prodotti che richiamano pratiche di varia natura selezionate appositamente per il defunto e per la rappresentazione/reinterpretazione, reale o fittizia, che di esso si vuole dare.

Sotto questo aspetto la moltiplicazione degli oggetti di corredo, che sottolineano quasi in maniera ridondante concetti basilari e l’esibizione di uno status, pone il problema dell’esistenza di eventuali strategie di autorappresentazione da parte di diversi gruppi sociali che con la morte reiterano forme di competizione tra di loro.

A questo proposito pare interessante poter disporre di recenti analisi antropologiche eseguite sugli scheletri dell’ONC 28 che hanno messo in evidenza quale sia la rappresentatività demografica del campione esaminato in rapporto soprattutto all’età dei defunti. Si tratta di un tipo di informazione che può rilevarsi quanto mai interessante per ragionare su sepolture formali ed eventuali strategie funerarie discriminanti anche in rapporto al complesso sistema di interazioni sociali e ambientali che possono a vario livello coinvolgere una comunità.

Le informazioni preliminarmente fornite in questo abstract, relative alle aree dell’ONC 28 e ONC 35, tendono a sottolineare una situazione di profondo contatto tra le due necropoli e forniscono la possibilità di uno studio incrociato tra dati archeologici e antropologici per la ricostruzione di uno specifico sistema di rapporti socioculturali in un determinato luogo e periodo storico.

Vai ad Academia.edu:  ABSTRACT ESPANSO→  DISCUTI→

giulia osti3.5