NUTRIRE I DEFUNTI, NUTRIRE GLI OSPITI: OFFERTE E DONI NEI RITI FUNERARI DEI TORAJA E DEI TLINGIT
Pietro Scarduelli, Università del Piemonte Orientale
Abstract
Le pratiche funerarie dei Toraja dell’isola di Sulawesi (Indonesia) presentano una costellazione di significati simbolici inclusi in un complesso intreccio di pratiche e credenze, le cui componenti principali sono: la trasformazione dell’anima del defunto da entità potenzialmente pericolosa in spirito ancestrale dispensatore di fecondità; una sequenza di spostamenti della salma, nel corso del funerale, che si configurano come progressivo allontanamento dal mondo dei vivi; il sacrifico dei bufali, che vengono sia offerti simbolicamente al defunto, sia distribuiti fra gli ospiti; una serie di contrappunti, simmetrie e rapporti speculari fra i riti funerari e quelli di fecondità.
Tutte queste componenti, rituali e simboliche attengono al rapporto fra vivi e morti, fra il defunto e i suoi discendenti. Una, però, coinvolge anche un’altra categoria di attori sociali: il sacrificio dei bufali. Questo sacrificio e la successiva distribuzione della carne degli animali macellati sul posto ai numerosissimi ospiti, provenienti da altri villaggi, sono associati alla credenza secondo cui la carne offerta agli invitati raggiunge gli antenati: in sostanza nutrendo gli ospiti, si nutrono i morti, ottenendo in cambio la loro protezione.
Questa particolare ‘triangolazione’ fra anfitrioni, ospiti e defunti compare anche in una grande festa ridistribuiva (potlatch) che viene organizzata fra i Tlingit della Columbia britannica dai parenti di un defunto due anni dopo i funerali. A questa festa vengono invitati gli affini dei parenti del morto e a loro vengono offerti doni sontuosi. Anche in questo caso i doni ‘raggiungono’ lo spirito del defunto.
Fra i Tlingit come fra i Toraja gli ospiti svolgono dunque un ruolo sociale e simbolico fondamentale nei riti funebri. Dal punto di vista indigeno essi appaiono come indispensabili per instaurare un rapporto con gli spiriti dei defunti. Dal punto di vista esterno dell’antropologo questa rappresentazione nativa appare invece come una forma di ‘rovesciamento’ della realtà: i riti funerari ‘servono’ per instaurare e mantenere relazioni sociali con altri gruppi (affini, abitanti di villaggi vicini, membri di altri clan) che in tali riti assumono il ruolo di ospiti.