PIÙ CHE UMANO: PALINGENESI DELL'OSSO UMANO COME STRUMENTO MUSICALE PER ACCOMPAGNARE LA MORTE. L’OMICHICĀHUAZTLI MESOAMERICANO
Valeria Bellomia, Sapienza - Università di Roma
Ivana Fiore, Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”
Abstract
Nella Mesoamerica preispanica era comune usare le ossa umane come materia prima per la fabbricazione di una vasta gamma di oggetti rituali. Due idiofoni a raschiamento mexica in femore umano (omichicāhuaztli), conservati al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini”, per la prima volta sono stati oggetto di uno studio interdisciplinare da parte di un gruppo di ricerca coordinato dal Museo, allo scopo di ricostruirne la storia, le proprietà biologiche e l’identità indigena.
La ricostruzione della simbologia del corpo umano e del suo trattamento peri e post-mortem presso i Mexica è stata fondamentale per comprendere il potere di uno strumento musicale di ambito funerario, che sfrutta consapevolmente parti dello scheletro umano come materia prima.
Durante il sacrificio, subito dopo l’uccisione dell’individuo scelto per impersonare la divinità destinata a morire ritualmente e divenire allo stesso tempo alimento divino, le parti del cadavere subivano un trattamento rituale altamente codificato, in virtù di una concezione sofisticata del corpo come contenitore semantico potente, capace di interagire con i vivi. Il prescelto attraversava un percorso culturalmente costruito di assoggettamento, divinizzazione, morte-oggettificazione e ripersonificazione, qui nella veste di strumento musicale “parlante”, tale che la sua stessa produzione sonora guadagnava una capacità di agency all’interno della prassi rituale funeraria, lasciando intendere un corrispettivo semantico fortissimo insito nella materia.
Pur allontanati dai loro contesti d’origine e integrati nel patrimonio museale italiano, questi reperti continuano a fornire informazioni attraverso lo studio delle tracce che conservano. Tramite analisi microscopica delle superfici è stato possibile ricostruire le varie operazioni compiute per trasformarli in strumenti musicali, dalla ripulitura, alla lavorazione, alla successiva decorazione e infine al pattern di usura. Di seguito, facendo interagire dati archeologici e tafonomici, fonti missionarie spagnole, raccolte di miti di epoca coloniale e dati etnografici sulle popolazioni indigene attuali, i reperti sono stati studiati su più fronti, lasciando che le diverse discipline coinvolte interagissero fruttuosamente, nella convinzione che, nel mondo amerindiano più che mai, archeologia e antropologia possano e debbano collaborare sempre.
Perché, quindi, scegliere il femore umano? Che valore deriva lo strumento dalla materia di cui è fatto? Un case study ancora poco indagato di due omichicāhuaztli per molti versi eccezionali fra quelli conosciuti, che cerca di svelare i motivi sociali e religiosi di tale scelta, arricchendo le nostre conoscenze sul potere simbolico di cui l’uomo nella storia ha da sempre rivestito l’immagine di sé e della propria corporeità oltre la morte.