"Inquadra". È il tempo di raccontare! Una nuova storia per la Galleria Nazionale dell'Umbria: la Sala Farnese
Federica Zalabra
Direzione Generale Musei - MiBACT
Quando nel 1878 la collezione della pinacoteca civica di Perugia viene esposta nelle sale al terzo piano del Palazzo dei Priori quella che è l’emergenza architettonica civile più importante del tessuto medievale della città diventa il contenitore per eccellenza della storia artistica locale. Da questo momento alle opere d’arte qui conservate sarà demandato il compito diraccontare la storia cittadina e all’edificio si chiederà di fare un passo indietro. Il primo vero allestimento della Pinacoteca era dettato dal criterio di uniformare i vari ambienti del palazzo in modo che l’architettura non prevaricasse le opere esposte. L’unica testimonianza artistica legata al Palazzo realmente enfatizzata fu la Cappella dei Priori, affrescata da Benedetto Bonfigli, che ricordava le storie dei santi patroni di Perugia e, al contempo, alludeva alla grandezza della città nel Quattrocento quando i Priori abitavano il Palazzo dei Priori. I successivi allestimenti hanno privilegiato la visione medievale degli interni del palazzo e anche se in alcuni casi restaurate, le poche decorazioni cinquecentesche rimaste non sono mai state oggetto di studio. Eppure la storia di questi spazi trasformati in museo è molto complessa e ingloba un tempo a volte volutamente dimenticato dai suoi abitanti. E’ il tempo dell’annientamento del potere autonomistico della città per volontà di papa Paolo III, è il tempo in cui il Palazzo dei Priori viene usurpato dai Farnese che scacciano i Priori, si appropriano diquesti spazi e trasformano il simbolo stesso della città nel segno perspicuo del loro potere e della loro forza. All’indomani della Guerra del Sale, appropriarsi della sede del governo della città era un’operazione di rottura che non creando alterazioni evidenti nel tessuto urbano lasciava segni indelebili di evidente portata. Secondo le antiche fonti la ristrutturazione del terzo piano del palazzo fu oggetto di profonde riflessioni da parte dei legati pontifici, Ascanio Parisani prima e Tiberio Crispo poi. Le decorazioni ad affresco commissionate in questo periodo furono affidate ad un gruppo ristretto di pittori, tutti forestieri, tutti non perugini. Messaggio chiaro fortemente voluto dalla corte pontificia e per questo mal subito dalla compagine artistica cittadina. Un microcosmo autoreferenziale, con un forte impatto politico, purtroppo oggi quasi del tutto scomparso con una distruzione avvenuta nel corso del tempo che ha risparmiato miracolosamente solo il fregio della Sala governativa. Il perché di questo salvataggio è da ricondurre ad una lettura errata delle scene fatta dallo storico locale Serafino Siepi (1822) per il quale questo fregio avrebbe narrato le gesta del campione delle libertà civiche medievali Braccio Fortebracci. Forse, fu questo motivo che preservò il fregio dalla distruzione sistematica che interessò le decorazioni delle altre sale cinquecentesche. Sintomatico che nel percorso museale lasala non venne mai enfatizzata come sala di Braccio Fortebracci, che pure veniva visto come il personaggio principale del fregio, ma indicata come Sala del Papacello, da uno dei pittori che contribuì ad affrescarla. Questa lettura iconografica storicamente errata e distorta da uno sguardo ideologico è stata accettata passivamente dalla critica moderna fino a che, pochi anni fa, grazie ad un’approfondita ricerca scientifica che è partita dal museo con l’analisi della documentazione e degli archivi si è giunti ad identificare in queste decorazioni il manifesto politico dei Farnese e dei loro affiliati, padroni incontrastati della città sotto Paolo III e ideatori, qui a Perugia, dell’iconografia del casato, ripetuta successivamente nei palazzi di famiglia di Roma e Caprarola. Le scene dipinte riacquistano quindi il loro valore e il loro significato semantico ricreando l’anello mancante della lunga e travagliata storia del palazzo e della città. Il percorso museale viene ad arricchirsi di una “finestra” temporale che la storia moderna aveva volutamente dimenticato. Il passato farnesiano di Perugia, così fortemente contrastato anche in tempo relativamente recente (la seconda metà dell’Ottocento) ritorna con forza nelle sale della galleria che non può più, e non vuole più, lasciarlo in secondo piano. Per non lasciare questa scoperta nell’ambito esclusivo degli studi scientifici si è deciso di realizzare un’applicazione che permette ai visitatori della Galleria Nazionale dell’Umbria di “entrare” nel tempo storico degli affreschi per leggere e lasciarsi raccontare una storia che oggi appare nuova ma che è sempre stata presente. Pur lasciando intatto l’allestimento della sala che prevede qui l’esposizione dei “tessuti perugini” si è pensato di aiutare il visitatore a ripensare idealmente la storia cinquecentesca della sala con una sottolineatura del fregio. Con un’applicazione che può essere scaricata gratuitamente o, in alternativa, fruita in sala grazie ad un touch screen, il visitatore può indagare le quattro pareti scegliendo a quale livello di conoscenza spingersi. Può “leggere” la storia narrata e scoprire i dettagli rappresentati fino ad avere un ricco corredo di immagini di confronto e comparazione che permettono un approfondimento di temi storici e iconografici. Conoscere e condividere questa “nuova” storia diventa il mezzo con il quale il museo può riappropriarsi delle diverse stratificazioni temporali e permettere un dialogo costante tra collezione e contenitore in una complessità museale tutta italiana e tutta da narrare. La particolarità dei nostri musei che risiede in questo continuo rimando tra architettura e collezioni tra contenitore e contenuto non è solo un ostacolo e un problema museografico ma è senza dubbio un arricchimento dell’esperienza di visita, un invito a leggere le stratificazioni delle storie e dei tempi che si compenetrano con quelle delle collezioni. La dinamicità di una realtà tanto varia mostra quanto ancora ci sia da fare in questa direzione, anche in realtà museali che sembrano ormai storicizzate. La ricerca e lo studio non devono e non possono più restare relegate all’ambito scientifico ma devono essere messe a disposizione dei pubblici diversi che entrano nel museo. Il progetto Inquadra, nato in questa occasione con la App che qui si presenta, è un progetto più ambizioso che si prefigge, grazie alla collaborazione con enti e istituti del territorio, di facilitare la scoperta delle collezioni della Galleria Nazionale dell’Umbria e di prolungare nel tempo il rapporto tra il museo e i suoi fruitori. Si è infatti notato nel corso degli anni che sempre più spesso il visitatore considera la sua visita al museo come un’esperienza unica e irripetibile, e per questo conclusa. Ciò avviene, in particolar modo, per il pubblico più giovane che sembra non trovare motivazioni per ripetere l’esperienza al museo, spesso fatta all’interno dell’ambito scolastico. Le nuove tecnologie permettono di rendere questa esperienza un qualcosa da ripetere e da approfondire, ed è questa direzione che Inquadra si sta muovendo.