Ascoltare il tempo: i racconti del Museo Archeologico Nazionale delle Marche

Nicoletta Frapiccini
Museo Archeologico Nazionale delle Marche
Francesco Ripanti
Università di Pisa

 

Varcata la soglia di un Museo archeologico, in particolare quando le collezioni sono ospitate all’interno di un antico palazzo, ogni visitatore entra in una dimensione temporale dalle molteplici valenze: il tempo presente, che si sta trascorrendo al Museo, l’orizzonte cronologico dei reperti esposti, il periodo cui risale il palazzo che li ospita.
La visita costituisce un’esperienza anche in relazione alla stratificazione temporale e, in questo contesto, le storie sono dappertutto, pronte anche a intrecciare i diversi ambiti cronologici e aspettando solo di essere raccontate.
Agli archeologi spetta il compito di far parlare gli oggetti, cercando soluzioni originali e creative, al passo con la tecnologia.
È questa una delle possibilità di comunicare l'archeologia e il Museo Archeologico Nazionale delle Marche ha deciso di farlo all’interno del progetto “Il museo a portata di mano”, ideato per integrare e sostituire i tradizionali strumenti di comunicazione con schermi e tavoli touch-screen, tablet e QR code scaricabili su smartphone. Il progetto mira a coinvolgere pienamente il visitatore, a partire dalla scelta del percorso da intraprendere al Museo, ponendo l’accento in primo luogo sul tempo: sia rispetto al tempo che si ha a disposizione per la visita, sia in relazione alla fase cronologica che si è interessati ad approfondire.
In un Museo che, come il nostro, è stato ideato alla fine degli anni ’80, con un allestimento che si rivolge soprattutto agli specialisti, adeguare il percorso espositivo a target diversificati è un impegno e una sfida considerevole.
Poiché le collezioni comprendono tutti i rinvenimenti più significativi dell’intera regione, l’esposizione è stata studiata per offrire un quadro esaustivo dell’archeologia marchigiana, intrecciando il dato cronologico a quello topografico.
Questo significa che il visitatore è introdotto in un lunghissimo percorso nel tempo (dal paleolitico all’età Picena e fino all’epoca romana), rigorosamente scandito in relazione ai siti dei rinvenimenti e anche in rapporto agli spazi del cinquecentesco Palazzo Ferretti che ospita le collezioni, dove a ogni piano corrisponde un’epoca.

Per orientare il visitatore nella scelta di un percorso adeguato alle proprie aspettative, sono stati ideati i “Percorsi con l’orologio”, che scandiscono il ritmo della visita in base alle esigenze del pubblico, consigliando ai più frettolosi i cimeli imperdibili, a chi si concede più tempo un ambito cronologico definito (Preistoria, Protostoria, Età romana) con qualche proposta sulle sale più meritevoli di indugio, e un percorso onnicomprensivo destinato a chi vuole spendere qualche ora e sia dotato di una considerevole capacità di attenzione e concentrazione. All’ingresso del Museo, nel primo tavolo touch-screen, il pubblico potrà avere immediatamente un’idea della durata della sua visita, decidendo consapevolmente come organizzarla. Il tempo scorre in fretta al Museo, specie se si debbono percorrere vasti spazi, migliaia di metri disposti su tre piani, dove lo sguardo è irretito non solo dai reperti, ma anche da magnifiche sale stupendamente affrescate, con soffitti lignei, caminetti marmorei, pavimenti in legno intarsiato e marmi policromi. In questo tripudio, dove è facile e piacevole smarrirsi, a chi voglia approfondire la conoscenza di Palazzo Ferretti sono dedicati contenuti e indicati percorsi di visita alla scoperta di una straordinaria dimora storica tardo rinascimentale, abitata ininterrottamente dalla famiglia dei conti Ferretti dalla metà del Cinquecento sino al dopoguerra, e trasformata in Museo solo nel 1958.

Allo scopo di ottimizzare i tempi di visita, gli stessi contenuti dei tavoli touch-screen si sviluppano in modo agile e sono volti a fornire non solo indicazioni sul percorso, ma anche informazioni o approfondimenti sulle collezioni, sempre di rapida consultazione. Non volendo però rinunciare a offrire più esaustivi contenuti a coloro che fossero interessati, dal tavolo touch-screen è possibile inviare direttamente alla propria casella di posta elettronica il file con l’estesa descrizione introduttiva delle singole sezioni del Museo. Il tempo della visita è così dilatato oltre il Museo stesso, dove l’attenzione, catturata dai singoli reperti, altalena tra gli oggetti e il contesto generale. Il momento della riflessione viene così rimandato alla sfera privata dove, con maggior agio e lucidità, si può tornare a dedicare nuova concentrazione al tempo per meditare, analizzare e rivivere con sguardo diverso l’esperienza al Museo. 

Gli strumenti multimediali consultabili dai visitatori sono quattro tavoli e un monitor touch screen, una vetrina interattiva dove è esposta la Venere di Frasassi, cui si affiancano gli “oggetti parlanti”: tre reperti, ciascuno simbolo di una delle sezioni espositive del museo (la Venere di Frasassi per la sezione preistorica, il Guerriero di Numana per quella picena e le Sfingi dalla necropoli di Ancona per quella ellenistico-romana), che si rivolgono direttamente al visitatore, delineando un primo percorso di visita attraverso i reperti più importanti di ogni sezione.

In ciascuna sezione, accanto alla consultazione introduttiva degli strumenti multimediali, il tempo del museo è scandito dalle narrazioni in audioguida, realizzati con la app IZI.travel attraverso ventotto oggetti delle collezioni preistorica e protostorica, picena ed ellenistico-romana. Tre diverse tipologie di descrizione introducono i visitatori alla scoperta dell’archeologia marchigiana: la prima è destinata agli adulti, la seconda è dedicata ai bambini, mentre la terza è costituita dalle storie. Le prime due descrizioni modulano secondo i due differenti target una scheda dell’oggetto prescelto, e sono formate dal file audio con il relativo testo, da poter leggere o ascoltare, e dalle immagini. Le storie, invece, a differenza della tradizionale spiegazione dell’oggetto, propongono l’ascolto o la lettura di un racconto e, per alcuni oggetti, i quiz a risposta multipla o la partecipazione a una call to action. Le storie sono composte da 400-600 parole che, nei termini di un’audioguida, corrispondono a circa tre minuti di ascolto.

Coinvolgere, emozionare, incuriosire. Le storie del Museo Archeologico Nazionale delle Marche, sono dei brevi testi introduttivi a un oggetto, sviluppati nella forma del racconto (PEANO 2014, p. 38) e concepiti per mediare il rapporto tra gli oggetti esposti e i vari tipi di pubblico. Rivolte ai bambini e, in generale, a chi non visita di frequente musei archeologici, svolgono principalmente due funzioni: da un lato introducono all’oggetto in una forma diversa dal consueto, quella narrativa; dall’altro trasmettono informazioni selezionate che, eventualmente, possono essere approfondite ascoltando le tracce degli altri percorsi.

La scelta delle storie nasce dalla precisa intenzione di raccogliere la sfida di raggiungere il cosiddetto pubblico potenziale o non-pubblico (DONATO, TRAVAGLI 2010, p. 217). Si ritiene infatti che i racconti possano aiutare ad attutire le problematiche maggiori nella comunicazione del settore archeologico, che sono le seguenti (TRAVERSO 2006, p. 105):

·        uso di un gergo specialistico: gli oggetti vanno chiamati con il loro nome comune e non vanno descritti minuziosamente;

·        difficoltà nella decodifica degli oggetti e della loro funzione originaria: i reperti vanno semplicemente messi in azione;

·        difficoltà nella contestualizzazione degli oggetti: nel momento in cui si descrive una scena, ad esempio quella di un banchetto o di un rituale funebre, l’oinochoe è già contestualizzata.

·        difficoltà nella memorizzazione dei messaggi: l’uso della forma narrativa mette in moto un tipo di memorizzazione diversa, in cui l’oggetto viene ricordato perché inserito all’interno di un racconto e non all’interno di una serie di informazioni descrittive. Le immagini mentali create dalle storie sono infatti preziosi riferimenti cognitivi, dal momento che organizzano le esperienze dando loro coerenza (CARRADA 2005, p. 60);

·        assenza o lacune nella griglia cronologica che il pubblico già possiede;

·        difficoltà nella localizzazione spazio-temporale degli oggetti.

Dunque scrivere storie da museo non significa farsi romanzieri e seguire il proprio estro. Le storie del museo vanno costruite attorno al contenuto, per narrare il contenuto e comunicarlo al pubblico in termini semplici, comprensibili, facilmente assimilabili e scientificamente rigorosi.

I venticinque racconti sui reperti del Museo Archeologico Nazionale delle Marche comprendono venti storie con un narratore in terza persona; un racconto scritto in prima persona; uno redatto nello stile del diario; un monologo, un’intervista e una lettera. In prima persona parlano gli oggetti che introducono alle singole sezioni, e che fanno parte a pieno titolo dello storytelling del museo.

In ognuno dei racconti si esplorano tempi diversi: quello dei secoli che scorrono e delle innovazioni tecniche con essi; quello dell’immedesimazione con i personaggi più o meno conosciuti del passato; quello della vita e della storia del museo come contenitore, quello della scoperta attraverso gli occhi e le sensazioni del protagonista. Un esempio è il Ciottolo di Tolentino: attraverso un’intervista allo scopritore, il conte Gentiloni Silverj, si ricostruisce la discussione epistolare con Gaetano Chierici sull’eventuale datazione del reperto al Paleolitico, all’epoca rifiutata da Luigi Pigorini. Con le Corone d’oro di Montefortino di Arcevia, invece, si rivivono gli attimi successivi alla scoperta dal punto di vista del sindaco di Arcevia, e del proprietario del terreno Giuseppe Carletti Giampieri, su cui abbiamo moltissime notizie. L’Elmo crestato villanoviano da Fermo fornisce l’aggancio per far conoscere al visitatore ciò che accadeva dopo una battaglia, e formulare una plausibile ipotesi sulla fine della comunità villanoviana di Fermo.

Con la sua rete di canali social il museo potrà utilizzare questo percorso anche per interagire con il pubblico. E’ possibile implementare i contenuti inserendo nuovi reperti, e indire via social network un contest, chiedendo ai partecipanti di scrivere storie da scegliere e da inserire nei percorsi. Questo progetto è infatti concepito come un punto di partenza, anche per poter sviluppare un rapporto interattivo con il pubblico, per allargare ulteriormente l'offerta rispetto ai molti eventi e alle attività che il Museo organizza annualmente, con l'intento di aumentare il numero di visitatori e, in particolare, di accrescere il legame identitario con il pubblico locale.

giulia osti25