museum.dià. II convegno internazionale di museologia
Chronos, Kairos, Aion. 
Il tempo dei musei

 

27 maggio 2016 - II giornata - Kairos

Il momento supremo, opportuno, puntuale nella sua specificità. Una dimensione qualitativa della storia.
 

III Sessione
Il tempo di cambiare

Il tempo del museo riguarda la sua identità e le sue funzioni. Ognuna di esse è scandita da tempi precisi che ne caratterizzano la qualità e l’efficacia: riflettere sulla durata o sulla permanenza, sul rinnovamento o sulla ciclicità, infatti, quando si parla di museo, implica immediatamente un ragionamento tecnico sul rapporto (positivo) tra raggiungimento degli obiettivi istituzionali e attività realizzate.

Ogni variabile si connette all’altra, ogni innesto avviene e/o dura, finisce, si compensa, si rapporta con gli altri. Dunque ogni museo ha un suo ritmo dettato da molteplici fattori: tema e collezione, allestimento, gestione, contesto, pubblico, partner ecc.

In questa complessità, il Museo acquisisce un suo proprio ritmo che presuppone adattabilità, un tempo con i suoi intervalli che deve essere capace di variare a seconda dei cambiamenti del contesto in cui le istituzioni museali sono inserite.

Emerge la necessità di individuare quelle linee metodologiche nella ricerca di una programmazione temporale, che appare di grande interesse alla luce della sempre più incalzante richiesta di nuove funzionalità da attribuire al Museo come soggetto rilevante nelle politiche di intervento sullo sviluppo sociale, etico e culturale dei contesti territoriali locali.

Si tratta di individuare quei tempi, e quindi quei modi, in cui è necessario e assieme possibile cambiare l’offerta museale nei fattori e nelle caratteristiche che la compongono: in questo senso, è possibile parlare di cambiamenti negli spazi, nelle attività, nel personale, negli allestimenti, nella comunicazione, ma a periodicità più lente, anche di modifiche profonde nella scelta valoriale o nella composizione dei propri obiettivi strategici.

Al pari di un organismo vivente, il Museo si colloca come sistema auto-poietico ai margini del caos, ossia come un sistema socchiuso, capace di mantenere la propria integrità organizzativa, che si confronta con il contesto e il disordine da esso generato, assimilando i cambiamenti e facendoli propri.

Un’attenzione particolare deve essere riservata, come elemento contingente fondamentale, a quei “tempi” che non sono museali ma che appartengono alle comunità di pubblico (presente o potenziale) nelle modalità caratteristiche di cognizione e comunicazione e, in genere, nella propria sfera del vivere quotidiano. Così la scelta del tempo diventa determinante per il Museo nella sua dimensione sociologica, a fronte di cambiamenti nel linguaggio, nell’attenzione, nel tempo libero, negli interessi, nel gusto e nelle mode.

 

IV Sessione
Il tempo di creare

Negli ultimi anni si è andata a consolidare un’attenzione crescente nei confronti dei musei, in parte dovuta, in Italia e non solo, a una retorica politica sulla cultura come risorsa d’eccezione, trascurata ma fondamentale per il futuro; e in parte stimolata da una condizione de facto in cui lo svuotamento d’efficacia e di partecipazione di alcuni processi educativi e formativi, l’avanzamento dell’economia della conoscenza con un più largo consenso di pubblico a livello mondiale, la necessità di un ritorno identitario al nucleo originario della storia e del patrimonio culturale (per respingere paure sociali dell’incertezza e del nuovo) ha portato il Museo al centro di un vivo interesse in molte strategie d’intervento legate allo sviluppo economico e alla competitività dei territori.

Il Museo ha visto, e pare continui a contemplare, un’intensificazione del numero delle funzioni attribuitegli. Alle tradizionali, inerenti la conservazione e la tutela nonché la comunicazione culturale e la ricerca scientifica, se ne aggiungono delle nuove, ora più vicine all’ambito formativo, ora maggiormente attente alla sfera sociale fino ad avvicinarsi a modelli di sviluppo economico alternativi, molto simili a quelli utilizzati in politiche industriali, come gli incubatori d’azienda.

Il Museo, istituzione resiliente, capace di non esaurire la sua identità grazie alla persistenza del suo patrimonio, proprio a seguito di quella funzione di tutela del bene culturale che gli garantisce di conseguenza la sopravvivenza, assume un nuovo ruolo oggi, che appare sempre più vicino a quello di un hub polivalente di sviluppo socio-economico.

Ciò che qui interessa è che la permanenza del patrimonio, alla base della forza dell’istituzione museale, si accorda con motivazioni complesse che vedono nel rapporto tra esperienza estetica, conoscenza e creatività un asset decisivo nella sfida globale delle competizione economica tra territori e stati, soprattutto per quelli con limitata disponibilità di fattori e processi produttivi.

Il patrimonio persiste, dunque, e diventa un attivatore di idee, forme, progettualità, nuova imprenditoria. Non solo. Può contribuire a forgiare nuove etiche all’interno dei contesti sociali e a incentivare la produttività, l’iniziativa personale, il rispetto delle regole e atteggiamenti collaborativi con evidenti ricadute positive dal punto di vista economico.

Questa dimensione allargata comporta, inoltre, l’introduzione del Museo all’interno di piani di dibattito molto più vasti che, oltre alla componente culturale, annettono posizioni di governo e di governance relativi all’amministrazione complessiva dei territori (politica economica, politica sociale ecc.).

Vengono presentati spunti ed esperienze per un salto di paradigma alla ricerca di nuovi modelli, nuovi metodi, nuovi tempi per un museo inevitabilmente portato a costruire connessioni forti e ancora più profonde tra patrimonio culturale e sistema-paese.